Superando gli Stati Uniti, la Cina è diventata ufficialmente dalla fine del 2009 il più grande mercato mondiale dell’automobile. La crescita è stata del 50%, e nonostante l’anno della crisi economica mondiale tutti i produttori grandi o piccoli hanno messo a segno delle performance positive all’interno della Grande Muraglia, comprese le precarie case di produzione americane, morenti in patria ma in doppia cifra nel paese del Dragone, come General Motors che arriva in Cina addirittura ad un +60% di fatturato su base annua.
La ragione di tale crescita secondo alcuni analisti sono le agevolazioni fiscali del governo cinese attuate per favorire la crescita del mercato di media e piccola cilindrata; queste disposizioni hanno senz’altro contribuito in maniera importante, ma vi è un elemento ancora più determinante che i report occidentali non sono riusciti a cogliere: la progressiva maturazione dell’automobilista cinese, ormai indipendente dai canoni imposti dall’occidente e dotato di personalità e caratteristiche proprie ben definite.
Attualmente si può suddividere il mercato automobilistico cinese in cinque grandi gruppi:
- D’importazione
- Joint-venture Europee
- Joint-venture Giapponesi
- Joint-venture Statunitensi
- produzioni Cinesi vere e proprie
Tralasciando il mercato d’importazione, la cui crescita non è stata così significativa come per i restanti quattro gruppi, concentrerò principalmente la mia analisi confrontando fra loro le auto di produzione in Joint Venture a partire dai produttori europei.
Auto delle JV Sino-Europee
L’Europa è un’insieme eterogeneo di nazioni relativamente poco vasti, densamente abitata, la distribuzione della sua popolazione raramente si concentra in megalopoli come Londra o Parigi, anzi il tessuto urbano è principalmente caratterizzato da centri relativamente piccoli. L’Unione Europea è altresì dotata di una ottima rete ferroviaria sia urbana sia extra urbana, con punte di eccellenza tecnologiche/strutturali nell’Alta Velocità Passeggeri. Di notevole benessere diffuso, gli Europei dispongono di un alto reddito nonché del maggior numero di ferie/riposi annuali di tutti gli altri lavoratori del mondo. Il peggior nemico dell’automobilista europeo è il prezzo della benzina, sempre in balia della quotazione del petrolio nonché della variazione del potere d’acquisto dell’Euro.
In un contesto simile i grandi produttori europei hanno plasmato i loro prodotti per soddisfare a tutto tondo le esigenze della loro clientela, in Europa gli ingegneri hanno dovuto progettare soluzioni sempre più innovative per il difficile connubio fra prestazioni e consumo, contribuendo in maniera determinante al progresso tecnologico in tal senso, e difatti sostenibilità e economicità d’esercizio sono fra le migliori lance a disposizione dell’industria automobilistica Tedesca, Francese e Italiana.
I Europei prediligono vivere nei sobborghi cittadini o in piccoli centri, e per i viaggi di oltre 600km spesso preferiscono l’aereo o il treno all’automobile, la stessa però rimane in ogni caso uno dei perni della vita quotidiana della famiglia media europea, la quale dispone in genere di almeno due vetture tipicamente: una piccola-media per i spostamenti brevi (soprattutto nelle città trafficate e disperatamente carenti di parcheggi); ed una seconda media-grande, per le uscite in famiglia durante i weekend e le vacanze.
L’imperativo che da sempre riecheggia nella mente dell’automobilista europeo è però uno solo:”…deve consumare poco!“. Parimenti all’alto livello di istruzione media, sostenibilità ed ecologia sono aspetti che in Europa sono più sentiti di in ogni altra parte del mondo, infatti oltre alle normative ambientali più severe, troviamo qui anche la maggior diffusione dell vetture diesel del globo, che sono nel contempo oltre che le più parche anche le meno inquinanti.
Il successo in quasi tutti i settori, dalle blasonate auto sportive come Ferrari, Lamborghini, Porsche etc., o di lusso come Rolls Royce, Bentley fino alle solide tedesche(Mercedes, BMW, Audi), così come le innovative ed economiche produzioni italiane e francesi, hanno contribuito in maniera determinante all’affermazione in Europa della figura dell’ingegnere, meritevole di aver trovato di volta in volta le soluzioni più bilanciate per ogni tipologia di esigenza.
Questo fenomeno ha avuto due effetti principali: 1)Il Management dei produttori industriali Europei sono per la maggiore di estrazione tecnica(ndr. ingegneri) 2)Gli Europei equiparando con la formula ingegnere=”soluzione migliore sempre”, si sono convinti che l’Auto Perfetta esista già da tempo e il fatto che sia Europea è assolutamente scontato: una sorta di, mi si passi il termine, “Eurocentrismo automobilistico” ben supportata dal dogma dell’infallibilità dell’ingegnere. Dopotutto l’auto è nata qui, e con un bacino di utenza di oltre 300 Milioni nella sola Europa e 200 anni di storia alle spalle, difficilmente qualcuno riesce a mettere in dubbio l’esperienza e soprattutto le convinzioni dell’Ing. Europeo.
La produzione delle delle case Europee in Cina rispecchia perfettamente questa filosofia, le Joint-Venture Sino-Europee, sono state le prime a formarsi in Cina, e il loro lavoro principale è da sempre quello di trasferire le linee di produzione così com’è dall’Europa, mantenendo il nerbo della ricerca e sviluppo in casa propria; ma più che proteggere il proprio posto di lavoro e il proprio knowhow tecnologico gli ingegneri tedeschi, francesi ed italiani sono soprattutto convinti che la loro soluzione sia già la migliore, e che l’unico adattamento necessario sia negli accessori da fornire a corredo delle loro vetture, inoltre agli inizi degli anni novanta trovarono quello che sembrò la formula magica dell’auto in Cina: “basta dare ai cinesi la tre volumi” perché a loro piacciono le tri-volumi. Così i principali modelli sono al 99% di derivazione Europea, e la localizzazione avviene principalmente a livello di interfaccia di strumentazione, che però strutturalmente in genere rimane tale e quale alla disposizione all’interno del modello europeo. Non è eccessivo affermare che un automobilista europeo si adatterebbe immediatamente al suo arrivo in Cina alle auto delle case europee nel mercato del dragone.
Auto delle JV Sino-Giapponesi
Raffrontata con quella europea, la storia dell’industria automobilistica giapponese ha una tradizione decisamente più recente. Cresciuta enormemente soprattutto a partire dalla seconda metà del ‘900, iniziò col sopperire il gap tecnologico e progettuale copiando a man bassa dalle esistenti produzioni europee ed americane. Con una popolazione concentrata in densissimi agglomerati urbani soprattutto nel sud del paese ed una carenza di risorse naturali ancora più critica che in Europa, il Paese del Sol Levante può vantare una delle reti ferroviarie più puntuali ed efficienti del mondo, pionieristica nell’Alta Velocità (il primo servizio di linea ad oltre 200km all’ora dello Shinkansen risale agli anni ’60), e capillare nei trasporti urbani e suburbani, tanto da relegare all’automobile un ruolo di supporto logistico ausiliario, per nulla indispensabile. In Giappone l’autovettura si trova ad anni luce dalla centralità e dalla personalità che gode in Europa, e di conseguenza l’automobilista medio giapponese è eccezionalmente tipico ed uniforme, tanto che con “piccola” & “economica” si può definire tranquillamente almeno l’80% della loro produzione destinata al mercato nazionale.
L’altra faccia della medaglia è che dopo un’impennata iniziale, il mercato della motorizzazione si è presto saturato, trovando come l’unico sbocco l’esportazione per mantenere la crescita dell’industria automobilistica . Dopo anni di “gavetta”, con una cura maniacale per ogni dettaglio nonché una dedizione quasi passionale, oggigiorno l’auto giapponese, è diventata ormai al pari di quelle tedesche sinonimo di affidabilità eccelsa in tutto il mondo; il modello Toyota è uno dei capisaldi del concetto di Quality Management nella produzione industriale, termini come Kaizen, Kanban da anni popolano i testi accademici delle facoltà di Economia ed Ingegneria in tutto il mondo. Ma oltre alla qualità, i giapponesi hanno dalla loro un altro asso vincete: una vera localizzazione della produzione ad hoc in ogni parte del mondo.
Se in Europa le decisioni le prende L’Ingegnere, alla Toyota/Honda l’ultima parola spetta al Direttore Marketing, nel Paese del Sol Levante infatti il grosso del Management vanta come titolo un Dott. in Economia, mentre l’ego dell’ingegnere è fortemente limitato, divenuto qui poco più che un caporeparto alla FIAT (perdipiù molto umile). La conseguenza diretta della supremazia del Direttore Marketing è che il cliente ovvero il mercato diviene agli occhi dei giapponesi davvero il fulcro attorno al quale ruotano tutte le loro attenzioni, ecco quindi che in Europa e negli Stati Uniti fioriscono vetture di brand giapponesi mai visti nell’Estremo Oriente, e che lo stesso nome identifichi in continenti diversi modelli totalmente differenti, non solo come configurazione, ma perfino nella struttura.
Grazie a questo contatto così stretto e continuo fra il Marketing ed il cliente, le produzioni nipponiche sono riuscite ad accontentare gli automobilisti di tutto il mondo: progettando per gli americani Pick-Up e SUV solidi e pesanti come e più dei vari Dodge e Ford, per gli europei medie e station-wagon con consumi e prestazioni ancora più bilanciati ed efficienti di quelle Volswagen e FIAT. Non solo, le case automobilistiche giapponesi sono le uniche a vantare in ogni continente centri di ricerca e sviluppo fortemente localizzato, perché sono anche gli unici ad aver capito che solo dalla cultura autoctona si può trovare la vera soluzione al problema locale.
Nel mercato cinese i giapponesi sono in realtà gli ultimi ad entrare, oltre che per l’attrito storico ancora troppo vivo, anche per una reale ed effettiva errata previsione di mercato da parte loro, questo ritardo unitamente alle caratteristiche del mercato cinese ancora in fase di formazione, hanno fatto sì che il Direttore Marketing nipponico fosse almeno agli inizi in forte svantaggio nei confronti non solo del produttore europeo ma anche di quello americano, entrambi dotate di maggior personalità sia nello stile che nella filosofia.
Errori di valutazione poi sono sempre giudicati in modo assai severo dal pubblico cinese, in attesa di ogni passo falso del vicino e storico nemico: tutt’oggi è diffuso in Cina la convinzione che Mazda, Honda e Nissan abbiano fin dall’inizio deliberatamente selezionato dei materiali scadenti per le produzioni destinate alla Cina, poiché incuranti della sicurezza degli automobilisti cinesi (Ndr. i cinesi sono anche convintissimi che nel resto del mondo Europa e Stati Uniti in primis gli stessi modelli siano di qualità ineccepibili); mentre è molto più probabile che semplicemente i giapponesi avessero pensato a suo tempo che un contenimento dei costi dei materiali fosse la soluzione migliore per accontentare rapidamente una clientela, come quella cinese che continuava a chiedere a gran voce auto più economiche. Una volta captato il malumore però i giapponesi hanno rapidamente fatto retro-front, ridefinendo nella maggior parte dei casi la solidità dei materiali in Cina.
La più grande forza dei produttori giapponesi rimane però la loro ricchissima esperienza nella customizzazione del prodotto per ogni tipologia di esigenza, un’esperienza che riescono rapidamente a condividere fra i vari siti all’interno del gruppo industriale attraverso piattaforme di comunicazione trans-continentali, le stesse piattaforme permettono poi loro anche di attivare processi di ottimizzazione su scala planetaria. Questa rapidità di reazione unitamente ad una vastissima varietà di modelli già consolidati nel mondo, pronta a soddisfare qualsiasi nicchia di mercato rendono i giapponesi al momento i più aggressivi protagonisti del mercato dell’auto in Cina.
Che bell’articolo! Sembra una tesi di laurea 🙂